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L’Italia allo specchio dell’Assegno Unico: il Sud incassa di più, ma la ricchezza è altrove

- 17/12/2025
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I dati Inps di ottobre 2025 confermano il trend: Calabria e Sicilia in testa per importi erogati. Un paradosso solo apparente che svela la mappa della povertà reale nel Paese

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Non è solo un bonifico. È una cartina di tornasole. L’Assegno Unico Universale, che dal marzo 2022 ha mandato in soffitta le vecchie detrazioni e gli assegni familiari in busta paga, si conferma nel 2025 lo strumento statistico più fedele per leggere lo stato di salute delle famiglie italiane. L’Inps ha appena rilasciato i dati aggiornati ad ottobre e la fotografia è nitida, quasi impietosa: l’Italia viaggia a due velocità. E dove l’economia arranca, lo Stato interviene con più forza.

Il dato salta agli occhi scorrendo l’appendice statistica dell’istituto di previdenza. Le regioni che ricevono l’assegno più “pesante” sono quelle con il reddito più fragile. In testa c’è la Calabria, con un importo medio per figlio di 196 euro. Subito dietro, la Sicilia. Nell’Isola, l’assegno medio staccato per ogni minore è di 191 euro. Cifre che distanziano nettamente la media nazionale, ferma a 173 euro. Non è un caso isolato, ma un blocco geografico compatto: il podio è tutto meridionale, con la Campania terza (186 euro), seguita dalla Sardegna (185) e dalla Puglia (181).

Focalizziamo l’obiettivo sulla Sicilia. Qui la platea dei beneficiari è immensa: 561.256 famiglie richiedenti per un esercito di 904.038 figli. Ma il dato che deve far riflettere gli analisti è un altro. La Sicilia ha un numero di figli per nucleo familiare pari a 1,6, esattamente identico alla media nazionale. Non è quindi la “famiglia numerosa” di un tempo a spingere in alto i sussidi, quanto la condizione economica di partenza. Ogni famiglia siciliana porta a casa in media 307 euro al mese (seconda in Italia solo ai 317 della Calabria), contro una media nazionale di 273 euro.

L’analisi dei flussi di pagamento di ottobre 2025 svela una Sicilia a tre velocità:

  1. I Giganti Fragili (Palermo e Catania): Da sole, le due aree metropolitane assorbono quasi 85 milioni di euro al mese, ovvero quasi la metà dell’intero budget regionale. Qui si somma l’alta densità demografica a un reddito medio molto basso, che spinge l’assegno verso i massimali (194€ e 193€).
  2. Il “Profondo Rosso” (Caltanissetta ed Enna): Sebbene abbiano un peso totale ridotto a causa dello spopolamento, registrano gli importi unitari più alti in assoluto (198€ e 196€). È qui che l’ISEE medio è più basso, segnalando le sacche di povertà più profonda.
  3. L’Eccezione Ragusana: La provincia iblea si conferma un’isola nell’isola. Con un importo medio di 175€, nettamente inferiore alla media regionale, Ragusa segnala un tessuto produttivo che “tiene” meglio, producendo redditi familiari mediamente più alti rispetto al resto della regione.
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L’Assegno Unico non è una misura fissa, ma progressiva. Per capire il divario tra i 191 euro siciliani e i 173 nazionali, bisogna guardare alle soglie Isee aggiornate al 2025. Quest’anno, per ottenere l’importo massimo, l’Isee familiare non deve superare la soglia dei 17.227,33 euro. Al contrario, l’importo minimo (circa 57 euro) scatta solo per chi supera i 45.939,56 euro. Il fatto che Sicilia e Calabria abbiano gli importi medi più alti d’Italia significa una cosa sola: la stragrande maggioranza delle famiglie di queste regioni si colloca nella fascia bassa dell’Isee, quella che dà diritto al sussidio pieno o quasi. È la prova certificata, vidimata dall’Inps, che il reddito medio reale nel Mezzogiorno rimane strutturalmente inferiore a quello del resto del Paese.

Allargando lo sguardo, i numeri complessivi sono imponenti. L’Inps eroga mensilmente sussidi a 5.999.038 famiglie per un totale di quasi 9,5 milioni di figli. Una manovra colossale che, grazie anche agli adeguamenti all’inflazione (+0,8% scattato a gennaio 2025), cerca di tenere a galla il potere d’acquisto delle famiglie con prole. Ma l’assegno, nella sua fredda precisione contabile, ci dice che l’uguaglianza demografica (facciamo figli allo stesso ritmo, da Nord a Sud) non corrisponde a un’uguaglianza economica. E quei 34 euro di differenza media a famiglia tra Palermo e il “resto d’Italia” non sono un privilegio, ma la misura esatta del divario che ancora ci divide.

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