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Messina, l’antimafia delle parole e il silenzio degli atti concreti: lo scandalo del Regolamento “dimenticato”

- 16/12/2025
basile vecchio cosedil

Mentre un’impresa ha il coraggio di denunciare il racket, il Comune scopre dopo otto anni che le sue stesse regole per la legalità sono “inapplicabili”. La solidarietà di facciata non basta più.

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MESSINA – Tra la solidarietà espressa nei comunicati stampa e quella praticata con gli atti amministrativi, c’è un abisso incolmabile. Ieri, nell’aula del Consiglio Comunale di Messina, questo abisso si è materializzato in tutta la sua grottesca evidenza. Sul tavolo c’era la vicenda della Cosedil, l’impresa impegnata nei lavori di risanamento a Fondo Fucile, che ha avuto la schiena dritta e il coraggio di denunciare un tentativo di estorsione. Dall’altra parte, c’era un’Amministrazione che, di fronte alla richiesta di applicare un regolamento vigente, ha risposto con un’alzata di spalle burocratica che sa di beffa.

Il caso è stato sollevato dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Libero Gioveni, che ha compiuto un gesto semplice quanto rivoluzionario: ha chiesto il rispetto delle regole. Nello specifico, l’applicazione del Regolamento Antimafia, approvato con la delibera 60/C del 21 gennaio 2017 durante l’amministrazione Accorinti. Uno strumento che, sulla carta, dovrebbe essere il fiore all’occhiello di un ente locale in terra di mafia, ma che nei fatti è stato trattato come carta straccia.

La scoperta dell’inapplicabilità (dopo 8 anni)

Gioveni ha chiesto cose concrete, previste nero su bianco: costituzione di parte civile del Comune (art. 2), esenzione dei tributi comunali per tre anni alle vittime del racket (art. 8), assistenza legale gratuita (art. 13). Richieste di buon senso, anzi, di legge.

La risposta? Gelida. Secondo quanto emerso in aula e sostenuto dal Segretario Generale, quel Regolamento sarebbe “non pienamente applicabile” perché alcune norme sarebbero superate. E qui l’indignazione non è solo lecita, è doverosa.

È accettabile scoprire l’inapplicabilità di un atto fondamentale per la legalità solo dopo otto anni? Se quel regolamento era tecnico-giuridicamente zoppo, perché nessuno, in quasi un decennio, si è preoccupato di emendarlo, correggerlo o riscriverlo? E quali sono gli articoli “inapplicabili” e perché?

Il fantasma dell’Osservatorio

Il punto più dolente, che smaschera l’inerzia della politica, riguarda l’art. 19: l’istituzione dell’Osservatorio comunale antimafia. Gioveni ha ricordato che, a distanza di otto anni dalla delibera, questo organismo non è mai stato costituito.

Non è un dettaglio burocratico. È una scelta politica. Perché dal 2017 a oggi l’Osservatorio è rimasto un fantasma? L’Amministrazione Basile – e quella De Luca prima di essa – non ne hanno avvertito l’urgenza? In una città che cerca di riscattarsi dalle logiche mafiose, ignorare uno strumento di monitoraggio e analisi è un peccato di omissione imperdonabile.

Il fastidio della politica

Ciò che ferisce di più non è tanto il tecnicismo giuridico, quanto l’atteggiamento. La sensazione, palpabile ieri in aula, è che il Presidente del Consiglio Nello Pergolizzi abbia liquidato la questione sollevata da Gioveni quasi con fastidio, una perdita di tempo, come se ricordare l’esistenza di quel regolamento fosse un inciampo noioso ai lavori d’aula, piuttosto che un’opportunità per dimostrare vicinanza concreta a chi denuncia il pizzo.

Dire che il regolamento è “inapplicabile” oggi, senza aver mosso un dito per renderlo applicabile ieri, e neanche degnarsi di spiegare il perché, è una resa incondizionata. È come ammettere che la lotta alla mafia, per il Comune di Messina, rischia di ridursi a retorica da cerimonia.

Le domande che pretendono risposta

Di fronte a quanto accaduto, l’Amministrazione Basile ha il dovere morale e politico di rispondere direttamente ai cittadini, senza filtri burocratici:

  1. Perché in 8 anni non è mai stato costituito l’Osservatorio antimafia?
  2. Perché si scopre solo oggi, di fronte a un caso grave come quello Cosedil, che il regolamento è inapplicabile?
  3. Perché tale inapplicabilità non è stata rimossa rimodulando il testo o approvandone uno nuovo ed efficace?
  4. Esiste la volontà politica di rendere operativi gli aiuti concreti (esenzioni fiscali e assistenza legale) alle vittime del racket, o dobbiamo accontentarci delle pacche sulle spalle?

La Cosedil, con una importante storia antimafia e contro ogni forma di estorsione, ha fatto la sua parte denunciando. La politica messinese, ieri, ha perso l’occasione di fare la sua. Quel regolamento del 2017, voluto come baluardo di legalità, oggi giace impolverato, vittima di un silenzio che dura da troppo tempo. Se l’Amministrazione Basile vuole davvero stare accanto alle imprese oneste, esca dal letargo: abolisca il vecchio se serve, ma scriva e applichi nuove regole subito. La sola solidarietà, signori, non paga le tasse e non protegge dalle minacce.

LA NOTA DI LIBERO GIOVENI

Racket delle estorsioni: Gioveni “quando si attueranno i contenuti del Regolamento sulle politiche antimafia?”

Nota stampa Libero Gioveni Capogruppo in Consiglio Comunale a Messina di Fratelli d’Italia

“Non bastano le parole di solidarietà a chi ha il coraggio di denunciare il racket delle estorsioni, ma occorrono azioni concrete a supporto mettendo in pratica quanto sancito dal Regolamento comunale per l’attuazione di politiche antimafia!”

Il capogruppo di Fratelli d’Italia Libero Gioveni è intervenuto in Consiglio Comunale in merito ai gravi fatti di cronaca che hanno visto protagonista l’amministratore delegato della Cosedil e presidente di Confindustria Sicilia Gaetano Vecchio che ha avuto il coraggio di denunciare i suoi aguzzini.

Dopo aver espresso la solidarietà del gruppo all’imprenditore e ringraziato l’Arma dei Carabinieri per la pregevole attività di polizia svolta nell’operazione, Gioveni ha tirato fuori alcuni contenuti del Regolamento che venne approvato dal Consiglio Comunale con la delibera n. 60/C del 21 gennaio 2017.

Il consigliere comunale ha invitato l’Amministrazione Basile ad adottare alcuni degli articoli contenuti nel testo, seppur, secondo quanto sostenuto dal Segretario Generale, il Regolamento non sembra pienamente applicabile perché alcune norme in materia sembrerebbero superate.

Per esempio – ha ricordato l’esponente di FdI – l’art. 2 invoca la costituzione di parte civile da parte del Comune, l’art. 6 impone alle imprese che partecipano alle gare d’appalto di dichiarare di non essere stati vessati da esponenti della criminalità organizzata, l’art. 8 e l’art. 13 prevedono rispettivamente l’esenzione dei tributi comunali per 3 anni e l’assistenza legale gratuita dall’Avvocatura del Comune alle vittime del racket e, fatto forse ancora più importante, l’art. 19 stabilisce l’istituzione dell’Osservatorio comunale antimafia che, appunto, a distanza di 8 anni dall’approvazione della delibera 60/C, non è stato mai costituito!

Pertanto – ha concluso Gioveni – pur prendendo atto del parere del Segretario Generale sulla parziale inapplicabilità del Regolamento, rimane il dato politico relativo al fatto che questa Amministrazione, al netto di qualche protocollo d’intesa sottoscritto, non ha portato mai in Aula un nuovo Regolamento che sostituisca o modifichi questo definito “zoppo” ma che ricordo essere ancora vigente.

Il capogruppo FdI

Cons. Libero Gioveni

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