
Mentre la città chiede aiuto per droga e azzardo, il Consiglio mette in scena una difesa d’ufficio priva di contenuti. Assenti i protagonisti del settore

Spiace dirlo, e spiace soprattutto per il consigliere Cosimo Oteri, primo firmatario di una seduta che nelle intenzioni doveva essere un atto di responsabilità. Ma la seduta straordinaria odierna sul disagio giovanile, sulle dipendenze, sull’azzardo e sulla prostituzione minorile si può riassumere con una parola, secca e definitiva: nulla.
Presenti al tavolo le assessore Calafiore e Cannata, il dottor Alessi per il Provveditorato agli Studi di Messina, Padre Amante garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune ed il comandante della Polizia Municipale Giardina, abbiamo assistito alla massima espressione della desolazione politica, alla distrazione colpevole di un Consiglio comunale che sembra vivere su un altro pianeta. Doveva essere il giorno delle risposte, delle mani sporche di fango per capire come tirare fuori i ragazzi dal baratro. Invece, l’aula è diventata l’ennesimo palcoscenico per l’autocelebrazione. Un’occasione sfruttata non per curare le ferite della città, ma per esibire la presunta “bravura” ed “efficacia” dell’amministrazione comunale. Un esercizio di stile grottesco di fronte a un’emergenza sociale che urla.
Il tutto condito dal surreale. Interventi incomprensibili – o forse fin troppo chiari nella loro vacuità – dei consiglieri Papa, che ha dimostrato di non aver ben chiaro l’oggetto della seduta, e Trischitta. E proprio su quest’ultimo non si può stendere alcun velo pietoso, perché si è andati oltre il limite. Trischitta, visibilmente offeso per un video dove, precisiamo, è lui ad agire ed a parlare, non ha usato i suoi minuti per parlare di minori, ma per una doppia, disperata difesa d’ufficio: dell’Amministrazione e di sé stesso. Ma non gli è bastato. Non ha perso l’occasione per riferire presunte vicende che non corrispondono a fatto e per gettare fango sul giornalista. Un’azione temeraria, pessima, gratuita. Un attacco vile per il quale, stia certo Trischitta, prenderemo senz’altro provvedimenti immediati nelle sedi opportune.
Ma il fallimento politico era scritto nel copione ancor prima di iniziare. Il culmine del nulla era nell’aria grazie a due scelte scellerate: quella dell’amministrazione del Consiglio di non invitare il giudice Costantino, invito depennato dal Presidente Pergolizzi, e la mancata presenza di Padre Nino Basile, presidente della Caritas, che ha comunicato di impegni improcrastinabili.
Quindi? Di grazia, di cosa si voleva parlare se mancavano gli attori principali? Quali soluzioni si potevano mai identificare per contrastare il degrado e le dipendenze se al tavolo non c’erano Costantino, padre Basile e ben due dei tre garanti? Visto che nemmeno le loro relazioni, tranne una, quella di Padre Amante, sono arrivate sui banchi? È stata una recita a soggetto, un parlarsi addosso in un’atmosfera inspiegabile e viziata da un peccato originale: questa amministrazione percepisce ogni problema sociale evidenziato dagli addetti ai lavori non come un’emergenza da risolvere, ma come un’accusa di lesa maestà. Accuse che nessuno ha mai sollevato.
Invece quel che è emerso è il seme del sospetto, del rigetto e del discredito. Eppure i nomi di chi lancia l’allarme sono pesanti. Parliamo di Anna Garufi, presidente della Lelat; del dottor Pietro Russo, responsabile dell’area dipendenze patologiche dell’ASP di Messina; di Nino Basile della Caritas di Messina. Parliamo degli stessi dati agghiaccianti resi pubblici dalla Gazzetta del Sud: 29 bambini in età scolare in carico ai Serd di Messina solo nel 2024 per dipendenze patologiche. Ventinove bambini.
E sia chiaro un concetto, una volta per tutte: se le classifiche, se i dati aggregati, se i freddi report burocratici e patinati non mostrano l’evidenza di quel che accade, è irresponsabile — anzi, è colpevole — non tenere in conto gli allarmi lanciati da chi la droga, la prostituzione, il gioco d’azzardo e il disagio li affronta, li vede e li combatte ogni giorno. L’ascolto era il minimo sindacale. La verifica dei dati sul campo era un obbligo morale. Affidarsi alle statistiche generiche per dire che “va tutto bene” non giustifica e non discolpa. Ma soprattutto, non risolve il problema.
In questa notte della ragione, tuttavia, tre plausi vanno riconosciuti, se non altro per onestà intellettuale. Uno va al consigliere Libero Gioveni, l’unico ad avventurarsi nel difficile cammino dei disturbi alimentari e, altro argomento, della mancanza di comunità per la “doppia diagnosi”. E non parliamo delle strutture per chi ha problemi di dipendenza uniti a patologie psichiatriche pregresse, ma di quel vuoto assistenziale che riguarda chi soffre di patologie mentali scatenate proprio dal consumo di droga. Una distinzione cruciale, tecnica, dolorosa, che Gioveni ha avuto il merito di portare a galla. Un altro plauso va al consigliere Alessandro Russo per aver riportato a chiarezza e correttezza un dibattito andato ben oltre ed inopportunamente fuori tema, riportando la bussola in direzione del riconoscimento dell’impegno quotidiano della Caritas e dello stato della giustizia minori in città. In ultimo va alla consigliera Concetta Buonocore, che ha posto l’accento sull’unica cosa che contava davvero: la dovuta attenzione ai minori, che non può essere un argomento di secondo piano o di contorno ed il necessario intervento di informazione precoce nelle scuole. Sottolineiamo anche il richiamo di Padre Amante all’importanza del terzo settore e di una lodevole iniziativa in favore delle famiglie dei detenuti.
Ma a parte questi isolati sprazzi di lucidità, il fallimento politico era scritto nel copione. Il culmine del nulla era nell’aria grazie a due scelte scellerate: quella dell’amministrazione del Consiglio di non invitare il giudice Costantino e la mancata presenza di Padre Nino Basile, presidente della Caritas.
Per il resto tutto si è sfumato in una difesa del proprio operato e in attacchi personali inaccettabili. Da chi si vende come un “modello” dei servizi sociali ci si aspettava altro: un religioso silenzio, l’ascolto degli esperti e la sollecitazione di risposte. Messina ha ricevuto il nulla sul quale pesa la frase del Procuratore generale del Tribunale per i minorenni che denuncia come “mancano adeguati servizi assistenziali nei confronti delle famiglie e dei minori”, così come la Caritas nel suo rapporto “15 giovani su 100 rappresentano il dato della dispersione scolastica cittadina”. Numeri che oggi sarebbero stati ignorati se Russo non li avesse ricordati.










