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Giovedì l’interrogatorio di Stagno d’Alcontres. In trentuno alla sbarra per un sistema che confonde cura e profitto

- 10/12/2025
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Giovedì si torna in aula, o meglio, davanti al Gip Salvatore Pugliese. È il giorno di Francesco Stagno d’Alcontres, il “Professore”, l’uomo che a Messina ha incarnato per decenni la sintesi perfetta tra il camice bianco e il seggio parlamentare. Quattro legislature, da Forza Italia al Pdl, e una cattedra che sembrava eterna. Ora è ai domiciliari, atteso da un interrogatorio che ha il sapore amaro della resa dei conti.

Le ipotesi di reato formulate dalla Procura di Antonio D’Amato sono nette, senza sfumature: concussione, corruzione, induzione indebita. Capi d’imputazione che, letti in fila, descrivono non un errore procedurale, ma una mutazione genetica dell’ospedale pubblico. Il Policlinico che smette di essere luogo di cura per trasformarsi in un mercato, dove la fornitura di dispositivi medici diventa merce di scambio, “utilità”, favore.

Desta impressione il numero degli indagati: trentuno. Una cifra che smonta subito la teoria della “mela marcia”. Trentuno persone coinvolte raccontano un ambiente, un’abitudine, forse un’assuefazione. Raccontano che per quattro volte la magistratura ha dovuto guardare dentro gli appalti per trovare quello che non doveva esserci.

Accanto all’ex primario, giovedì sfileranno le figure che componevano la gerarchia di questo presunto sistema: la dirigente Antonina “Tania” Fazio e l’ostetrica Cristina Alì. Entrambe sospese per un anno, entrambe con i propri avvocati pronti a dare battaglia tecnica. Ma al di là delle strategie difensive di Olivo, Minissale, Campanella o Silvestro, resta il dato politico e sociale.

Emerge ancora una volta quel vizio antico del nostro Mezzogiorno: la gestione feudale della cosa pubblica. L’idea che il reparto sia una proprietà privata del primario e che le regole siano ostacoli da aggirare per chi detiene il comando. Stagno d’Alcontres avrà modo di spiegare le sue ragioni, ed è giusto che sia così. Ma l’immagine che ne esce è quella di una sanità ferita non dalla mancanza di fondi, ma dall’eccesso di interessi.

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