102 views 4 min 0 Comment

MILIONI PER SICILIACQUE: NO ALLA RATEIZZAZIONE, MESSINA RESTA SOLA CON I DEBITI. E SULL’ACQUA A TAORMINA?

- 26/11/2025
de luca lo giudice

L’emendamento da 25 milioni si schianta contro il no di Dagnino: niente rate per i debiti di Siciliacque. Lo Giudice grida all’ingiustizia, ma il conto da oltre 20 milioni resta tutto sulle spalle dei messinesi. Con un dubbio atroce: stiamo pagando anche i metri cubi finiti nelle piscine di Taormina durante la grande sete?

MESSINA – L’assessore all’Economia Alessandro Dagnino ha abbassato la sbarra a Sud chiama Nord e contemporaneamente anche alla città di Messina. L’emendamento “salva-Messina” per le morosità accumulate da Messina nei confronti di Siciliacque, quel correttivo all’articolo 16 della Legge di Stabilità che doveva essere una boccata d’ossigeno con una rateizzazione in dieci anni, è stato respinto. La notizia: i 25 milioni di euro necessari a coprire le morosità idriche del biennio nero 2024-2025 non ci saranno. O meglio, il debito resta, ma sparisce la ciambella di salvataggio decennale.

alessandro dagnino or
Assessore Dagnino

L’emendamento di Sud Chiama Nord chiedeva di “trattare Messina e Trapani – gli unici due territori “orfani”, senza un gestore unico – come il resto dell’isola“. Si chiedeva di spalmare il debito in dieci anni, una lunga marcia a tappe forzate, trattenendo le somme dal Fondo per le Autonomie. Invece, la “visione politica strabica” secondo Danilo Lo Giudice ha tracciato un confine netto. Trapani, con il suo debito più contenuto (circa 2 milioni), forse troverà una via di fuga. Ma Messina? Messina viaggia con un carico pesantissimo: oltre 20 milioni di euro di passività verso Siciliacque. E ora che la via della rateizzazione è sbarrata, quel carico rischia di rovesciarsi addosso a chi sta a valle: le famiglie messinesi.

E QUELL’ACQUA DEL 2024 DIRETTA A TAORMINA?

Mentre i tecnici a Palermo fanno i calcoli, a Messina si fa i conti con la memoria dell’estate 2024. La grande sete. In quei mesi roventi, mentre i rubinetti della città erano a secco, l’acqua viaggiava verso sud. Verso Taormina. La domanda che ci poniamo è: quanto di questo debito monstre che oggi Messina deve pagare da sola è composto dall’acqua dirottata alla Perla dello Jonio? Il dubbio: Messina ha comprato l’acqua da Siciliacque (indebitandosi) per poi girarla a Taormina? Il Comune guidato da Cateno De Luca – che oggi grida al complotto regionale – ha saldato quel conto? Ha pagato il pedaggio per quell’acqua “straniera”? O i messinesi si trovano oggi a dover ripianare un buco scavato anche per riempire le piscine dei grandi alberghi taorminesi? Fino ad oggi non è mai stata fatta davvero chiarezza su questi interrogativi e adesso di chiaro c’è solo il conto da pagare.

Danilo Lo Giudice parla di “ingiustizia” e “scelta incomprensibile”. Ha ragione nel dire che si scaricano sulle famiglie rischi finanziari non dovuti a loro. Ma la realtà è che le strategie politiche del leader De Luca si sono schiantate contro la roccaforte del “padre nobile” Schifani. Le urla non hanno aperto i cancelli. Ora lo scenario è quello cupo che abbiamo già visto ad Agrigento: Siciliacque, creditore impaziente, potrebbe chiudere i rubinetti all’ingrosso. Senza i 25 milioni, senza la rateizzazione decennale, Messina è sola. Il viaggio continua, ma i viveri scarseggiano. E la sensazione, viaggiando per queste strade, è che a pagare il biglietto più salato saranno, come sempre, i passeggeri di terza classe: i cittadini, cornuti, mazziati e, forse, ancora una volta assetati.

de luca acqua taormina