
Mentre il leader di Sud Chiama Nord esulta per la variante, l’ex parlamentare risponde con un documento firmato anche dal fedelissimo Lo Giudice: “I sindaci chiedono vie di fuga, non treni tra le case”. E sul biglietto offerto: “Dallo a chi soffre il caro voli”
MESSINA – In politica vince chi urla più forte o chi legge meglio le carte? Una polemica che vede protagonisti due volti opposti della Sicilia: Cateno De Luca e Giovanni Currò. Da una parte il sindaco di Taormina, leader di Sud Chiama Nord, l’uomo che ha fatto della voce grossa il suo marchio di fabbrica. Dall’altra l’ex deputato del Movimento 5 Stelle, classe 1986, un tecnico prestato alla politica, un commercialista che alle invettive preferisce i bilanci.
Il casus belli è la ferrovia. O meglio, quello che ne rimarrà. Con il raddoppio della linea, la vecchia tratta che taglia in due i paesi della riviera jonica doveva andare in pensione. Invece, una variante la tiene in vita. Cateno esulta, parla di vittoria del territorio, di accordo unanime. Offre persino un biglietto aereo a Currò, con quel sarcasmo di chi vuole sottolineare la distanza dell’avversario dalla sua terra: “Torna a Milano”, sembra dirgli, “qui comandiamo noi”.
Ma Currò non urla. Non insulta. Fa una cosa che in questa epoca di slogan rapidi è diventata rivoluzionaria: tira fuori un foglio di carta. È una lettera ufficiale. E quella carta, citando un vecchio adagio, canta.
Nel video diffuso in queste ore, l’ex vicepresidente della Commissione Finanze smonta la narrazione del “tutto va bene” con la freddezza del revisore dei conti. La lettera che mostra alle telecamere è firmata dai sindaci del comprensorio. E tra quelle firme spicca un nome pesante: Danilo Lo Giudice. Non un avversario, ma il sindaco di Santa Teresa di Riva, il delfino di De Luca, il suo uomo più fedele.
Cosa c’è scritto in quel documento che smentisce i festeggiamenti? C’è scritta una parola che non ammette deroghe: sicurezza. I sindaci, Lo Giudice compreso, scrivono nero su bianco alla Regione. Dicono che quel vecchio tracciato non deve restare una linea attiva tra le case, ma deve servire come via di fuga, come presidio di Protezione Civile in un territorio fragile, stretto tra il mare e la montagna. Mantenere i treni lì, in mezzo alle abitazioni, significa – dice Currò – “giocare con la vita delle persone”.
È il trionfo della realtà sulla propaganda. Mentre Cateno celebrava la delibera regionale come un successo politico, i suoi stessi amministratori, nel silenzio degli uffici, chiedevano garanzie per l’incolumità dei cittadini. Hanno avuto, riconosce l’esponente 5 Stelle, la “schiena dritta”: la sicurezza non è merce di scambio. Cateno De Luca, nel frattempo, aveva comunicato di aver convocato i sindaci del territorio a Scaletta Zanclea. “Convocato”, come se lui fosse il Sindaco Metropolitano. De Luca dice che farà chiarezza.
E il biglietto aereo? Currò lo rispedisce al mittente con una stoccata che tocca un nervo scoperto per migliaia di isolani. “Risparmiatelo”, dice a De Luca. “O meglio, dona quei soldi ai siciliani costretti a pagare cifre folli per tornare a casa a Natale”. Il tema del caro voli, piaga che il governo regionale non è ancora riuscito a sanare, diventa l’ultimo atto di accusa.
Alla fine, resta la sensazione che la politica siciliana sia spesso un teatro dove gli attori recitano a soggetto, dimenticando il copione della realtà. Cateno cerca l’applauso, Currò cerca la coerenza nei documenti. E in mezzo ci sono i cittadini, che non chiedono né biglietti omaggio né urla, ma solo di non veder passare un treno dentro il salotto di casa. La verità, come spesso accade, non sta in chi grida, ma in ciò che resta scritto.









