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L’Università al bivio: l’ANDU fa a pezzi il sistema dei Rettori-sovrani e dei finti concorsi

- 10/11/2025
ermellino rettori

Martedì 11 novembre, nell’Aula Magna di Ingegneria, l’Università di Palermo andrà in scena con un’Assemblea convocata dal Rettore. L’obiettivo ufficiale? Discutere la Legge Delega (Art. 20) sulla governance e il reclutamento.

Ma un documento al veleno, un “Contributo” firmato dall’ANDU (Associazione Nazionale Docenti Universitari) e fatto circolare prima dell’incontro, trasforma un’assise accademica in un processo all’intero sistema universitario, accusato di essere marcio nelle sue fondamenta: dai Rettori “sovrani assoluti” ai concorsi locali definiti “finti”.

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L’occasione è la mossa, per la prima volta, di un Rettore che decide di consultare il proprio Ateneo prima di andare a recitare la parte alla CRUI (Conferenza dei Rettori). Un gesto di apparente democrazia. Peccato che il documento preparatorio inviato dal Rettorato stesso, pur criticando (giustamente) l’uso della Legge Delega come una “potestà a 360 gradi” che scavalca la Costituzione, cada esattamente nelle trappole che l’ANDU denuncia.

Il cuore della battaglia non è la Legge Delega. È il potere.

Il “Rettore-sovrano” e le oligarchie

Il primo affondo dell’ANDU è sulla governance. Il documento del Rettorato chiede che la composizione dei Consigli di Amministrazione (C.d.A.) e dei Senati Accademici (S.A.) sia “demandata agli Statuti di Ateneo”.

Sembra un appello all’autonomia. È l’esatto contrario, tuona l’associazione dei docenti. Affidare la composizione degli organi agli statuti locali significa consegnare il potere alle “oligarchie degli Atenei”, che potranno cucirsi addosso regole su misura per “mantenimento del controllo”.

Il risultato, visto e stravisto con la Legge Gelmini, è la figura del “rettore-sovrano assoluto”.

La contromisura proposta dall’ANDU è drastica: composizione e compiti degli organi devono essere stabiliti per Legge nazionale. Il Senato Accademico deve tornare a essere l’organo decisionale, rappresentativo di tutti. Il C.d.A. un organo “puramente esecutivo”. E, soprattutto, occorre “ridurre nettamente i poteri del Rettore” che, per raggiungere questo scopo, “non dovrebbe fare parte del Senato Accademico”.

La “foglia di fico” dei concorsi

Ma l’attacco più feroce del “Contributo” ANDU è sul reclutamento. Il sistema attuale, secondo l’associazione, è una farsa.

Il documento del Rettorato propone di “aggiustare” le Abilitazioni Scientifiche Nazionali (ASN), sostenendo che esse avrebbero introdotto “opportuni vincoli alle scelte dei singoli Atenei”.

Falso, replica l’ANDU. “La verità è un’altra”. Le ASN “sono state la foglia di fico per coprire la cooptazione personale”. Hanno solo abbattuto la qualità della ricerca, ossessionate dalla “quantificazione” della produzione scientifica.

I concorsi locali sono “finti”. Il nuovo Disegno di Legge, si legge nel documento, “ha come principale obiettivo quello di mantenere la cooptazione personale” e di rafforzare il potere dell’ANVUR (l’Agenzia di valutazione), che si sostituirà alle commissioni.

La soluzione? Tabula rasa. L’ANDU (insieme alla FLC-CGIL) chiede “concorsi esclusivamente nazionali con commissioni interamente sorteggiate”, escludendo i professori degli Atenei che bandiscono i posti. Questo, a partire dal dottorato.

Abolire ANVUR e le gerarchie

Il “Contributo” non salva nessuno. La vera autonomia universitaria, sottolinea l’ANDU, è impedita da due entità:

  1. La CRUI, l’assemblea dei Rettori, accusata di aver “sempre elaborato e/o sostenuto tutte le leggi che hanno smantellato l’Università”.
  2. L’ANVUR, definita una “devastante Agenzia da abolire”, istituita non per valutare, ma per “commissariare l’Università”.

E mentre si chiede di abolire l’ANVUR, l’ANDU propone anche di abolire le gerarchie interne. Basta divisioni tra ordinari, associati e ricercatori. Serve un “docente unico”, un “organico unico” articolato su tre livelli retributivi, ma con “uguali compiti e uguali diritti”, compreso l’elettorato attivo e passivo. Un modo per garantire la piena libertà di ricerca e insegnamento, spezzando le catene delle dipendenze baronali.

Il costo umano: 45.000 precari

Il documento del Rettorato menziona “il grave problema del precariato”. La risposta dell’ANDU è una cifra: servono “almeno 45.000 posti di ruolo” con un bando straordinario. Tutte le attuali figure precarie vanno cancellate e sostituite con una sola figura di “vero pre-ruolo”.

Infine, la stoccata sulla giustizia interna. Il Rettorato chiede (giustamente) una competenza disciplinare nazionale. Ma l’ANDU avverte: attenzione a non replicare le storture democratiche attuali, come quella prevista dallo Statuto di Palermo, dove il Collegio di disciplina funziona “a fisarmonica”: gli ordinari giudicano gli associati e i ricercatori, “ma non viceversa”.

L’Assemblea di martedì non sarà una passeggiata. Il Rettore voleva una “posizione ufficiale dell’Ateneo”. Ha ottenuto una dichiarazione di guerra al sistema che lui stesso rappresenta.

ermellino rettori