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Inchiesta DC, la politica siciliana alla prova dei fatti. Venerdì l’interrogatorio di Cuffaro. Fuga dal partito

- 09/11/2025
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PALERMO – Si sposta dalle procure ai palazzi della politica il baricentro del terremoto giudiziario che ha investito la Democrazia Cristiana siciliana. Mentre l’opinione pubblica attende l’interrogatorio di garanzia di venerdì prossimo, quando Totò Cuffaro comparirà davanti al GIP per respingere le note accuse (associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta), è la tenuta stessa del governo regionale a essere in discussione.

Le contestazioni della Procura di Palermo, che coinvolgono anche figure di primo piano come il capogruppo DC all’ARS, Carmelo Pace, e il coordinatore di Noi Moderati, Saverio Romano, hanno innescato una reazione a catena. L’impatto è stato devastante per la “nuova DC”, il cui progetto politico basato su legalità, giovani e donne, sembra ora fatalmente compromesso.

La reazione di Schifani e lo spettro dell’azzeramento

Il Presidente della Regione, Renato Schifani, ha agito d’urgenza per isolare l’amministrazione dagli effetti dell’indagine. Sono scattate le prime, inevitabili, decisioni:

  • Sospensione e revoca degli incarichi per gli indagati con ruoli pubblici, tra cui l’ex dirigente generale del Dipartimento Famiglia, Maria Letizia Di Liberti, e il direttore generale del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale, Giovanni Tomasino.
  • Presa d’atto dell’auto-sospensione dell’ex direttore generale dell’Asp di Siracusa, Alessandro Caltagirone, con avvio del commissariamento.
  • Rimozione di Vito Raso, capo della segreteria particolare dell’assessore Nuccia Albano (quota DC).

Queste mosse, tuttavia, potrebbero essere solo l’inizio. In base all’esito degli interrogatori della prossima settimana, Schifani potrebbe essere costretto a decisioni più drastiche. Nel centrodestra si fa ormai strada un’unica ipotesi per evitare il collasso della legislatura, a due anni dalle regionali: l’azzeramento totale della giunta e la formazione di un nuovo esecutivo, che potrebbe includere anche profili tecnici, per arrivare a fine mandato.

La crisi degli alleati e la fuga dal partito

L’imbarazzo tra gli alleati è palpabile e si è già trasformato in azione politica. Raffaele Lombardo, storico rivale di Cuffaro e azionista pesante del governo Schifani, ha rotto gli indugi, annunciando che non parteciperà più alle riunioni di maggioranza.

Gelo assoluto da Fratelli d’Italia e dalla Lega. Con loro, Cuffaro stava definendo un’alleanza per liste comuni alle prossime elezioni politiche: un accordo che, alla luce degli eventi, è ormai considerato archiviato.

All’interno della Democrazia Cristiana si profila un’implosione. Il partito è pronto ad azzerare i vertici per fronteggiare l’urto, ma si teme un’emorragia. La “nuova guardia” di dirigenti, che aveva scommesso sul progetto di rinnovamento, è la prima a preparare l’uscita di massa, segnando forse la fine del tentativo di Cuffaro di tornare protagonista dopo aver scontato la condanna per favoreggiamento alla mafia (la cui interdizione perpetua dai pubblici uffici era stata dichiarata estinta appena tre anni fa).

Il fronte giudiziario: il caso delle “soffiate”

Mentre la politica cerca una via d’uscita, l’inchiesta prosegue su un filone parallelo e altrettanto delicato: quello delle fughe di notizie. Il tenente colonnello dei carabinieri, Stefano Palminteri, indagato per rivelazione di notizie riservate, è stato ascoltato dal GIP e ha respinto ogni addebito. L’accusa ipotizza che abbia cercato un contatto con Cuffaro, tramite l’ex legale del politico, promettendo informazioni su indagini in corso in cambio di un aiuto lavorativo per la moglie.

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