
L’ex patron dell’ACR Messina formalizza le accuse in Procura. Nel mirino Alaimo, Cissè e Chateaux per la cessione “fantasma” di gennaio. “Mai pagate le quote, mai liberata la fidejussione da 350mila euro”.
“Si sono rivelati dei veri e propri truffatori”. Non cerca giri di parole, Pietro Sciotto. L’ex patron dell’Acr Messina, l’uomo che per anni ha tenuto le redini della società tra contestazioni e proclami, ora veste i panni della vittima. Ieri mattina, scortato dal suo legale di fiducia, l’avvocato Salvatore Silvestro, ha varcato la soglia della Procura della Repubblica per depositare una denuncia che pesa come un macigno: truffa contrattuale.
È l’ultimo, velenoso capitolo del “naufragio economico-sportivo” che ha inghiottito la squadra. La querela è indirizzata ai tre protagonisti della “cessione fantasma” siglata a inizio anno con la misteriosa Aad Invest Group: Doudou Cissè, Chateaux Alexandre e Stefano Alaimo.
Sciotto, nell’atto, riavvolge il nastro di una trattativa che doveva essere la sua liberazione e si è trasformata nella sua rovina.
Tutto parte dal 2 gennaio di quest’anno. Studio del notaio Silverio Magno. Sciotto firma la cessione dell’80% delle quote. Ci sono i fotografi, c’è la stretta di mano con Alaimo, il volto “italiano” della cordata. Sembrava fatta. Ma oggi, l’ex patron confessa quasi una sua debolezza, un peccato di ingenuità forzata.
“Purtroppo – scrive Sciotto – le manifestate disponibilità di ingenti risorse economiche si sono rivelate il mezzo” per raggirarlo. Ammette che la sua “capacità di valutazione e analisi era fortemente compromessa”. Il motivo? “Il clima di odio che nei miei confronti imperava in città”.
Insomma, pressato dalla piazza che lo voleva fuori a tutti i costi, Sciotto si sarebbe gettato tra le braccia del primo (e unico) acquirente presentabile.
Quello che ne venne fuori fu, secondo le sue stesse parole, “un contratto devastante, che mi ha cagionato un rilevante danno economico”.
I punti della presunta truffa sono precisi. Primo: il prezzo di vendita di quell’80% non è stato corrisposto. Né alla scadenza, né mai. Secondo, la beffa: la Aad Invest Group sarl, invece di pagare, conferiva una procura speciale per vendere quello stesso 80% al prezzo simbolico di un euro. Terzo, il nodo finanziario che lo ha strangolato: la fidejussione da 350mila euro che Sciotto aveva personalmente sottoscritto in favore della Lega Pro non è mai stata liberata dagli acquirenti.
“Nonostante i solleciti effettuati e le rassicurazioni ricevute”, continua la denuncia, “i rappresentanti della Aad hanno ritenuto opportuno sottrarsi ad ogni obbligo contrattuale”.
Per Sciotto non fu imperizia, ma dolo. Un piano studiato a tavolino. Nella querela parla chiaro di “intento fraudolento che ha caratterizzato il loro agire, sin dal momento in cui si sono accreditati come acquirenti seri ed affidabili per concludere attraverso tali artifici il contratto di cessione”.
Artifici che hanno tenuto in scacco la società per mesi, portandola al collasso definitivo, e che ora diventano materia per la magistratura.










