
“Calpestata la Costituzione”: la pretesa illegale aut aut del Direttore Generale che umilia i lavoratori.

Un ultimatum. Una richiesta che calpesta i diritti fondamentali e che trasforma una spettanza economica in una merce di scambio per la resa. La riunione sindacale tenutasi oggi presso il Comune di Messina si è trasformata nell’ennesimo teatro dell’assurdo amministrativo, con una “bomba” sganciata dal Direttore Generale, Salvo Puccio.
Di fronte a tutte le sigle sindacali, presentatesi compatte, il DG – quasi a non voler riconoscere la loro rappresentatività – ha dettato la linea dell’Ente: il pagamento della PEO (Progressione Economica Orizzontale) relativa al 2023 avverrà, ma a una condizione capestro.
Quale? Che ogni singolo dipendente comunale firmi un modulo prestampato. Il contenuto è inaudito: un impegno formale a rinunciare a qualsiasi eventuale azione legale futura contro l’Ente stesso, presumibilmente legata proprio a quegli emolumenti.
In pratica: se vuoi i soldi che ti spettano, devi firmare una rinuncia preventiva al tuo diritto di rivolgerti a un giudice.
Questa pretesa non è solo un atto di arroganza politica e gestionale, è la manifestazione di una palese ignoranza dei fondamenti del diritto. Qualcuno dovrebbe ricordare al Direttore Generale e a questa Amministrazione che Il Comune di Messina non è una azienda privata dove Puccio è amministratore delegato e men che meno è un feudo personale, perché l’Italia è una Repubblica fondata su una Costituzione.
Quella Costituzione che, all’articolo 24, sancisce come inviolabile il diritto di “agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Chiedere a un dipendente di rinunciarvi preventivamente è, semplicemente, incostituzionale.
Ma c’è di più. I diritti dei lavoratori derivanti da leggi e contratti collettivi (come la retribuzione o le progressioni) sono inderogabili. L’articolo 2113 del Codice Civile stabilisce chiaramente che le rinunce a tali diritti sono invalide. Qualsiasi firma estorta su quel prestampato sarebbe, di fronte a qualsiasi tribunale, carta straccia.
Infine, una Pubblica Amministrazione dovrebbe agire secondo i princìpi di buon andamento e imparzialità (Art. 97 Costituzione). Utilizzare il pagamento di una spettanza dovuta come leva per neutralizzare i diritti legali dei propri dipendenti non è “buon andamento”: è coercizione. È trattare i cittadini che lavorano per l’Ente come sudditi, ricattabili sul loro stipendio.
L’Amministrazione ha paura delle cause legali? Teme i propri errori gestionali al punto da dover chiedere l’immunità preventiva ai propri dipendenti? O i problemi sono altri e non confessabili? I soldi per pagare la Peo, insomma, ci sono? Se così non fosse, forse si vuol prendere tempo in attesa di nuovi stanziamenti?
Comunque stiano le cose questa richiesta è un affronto alla dignità dei lavoratori e uno schiaffo alle relazioni sindacali, ridotte a una farsa in cui il “banco” detta condizioni che sono al di fuori di ogni legalità.
APPROFONDIMENTO LEGALE
Violazione di un Diritto Costituzionale (Art. 24) In palese violazione dell’articolo 24 della Costituzione Italiana, il quale sancisce che “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Questo è un diritto fondamentale e inviolabile; non è possibile rinunciarvi in anticipo.
Nullità delle Rinunce Preventive (Art. 2113 Cod. Civile) Il diritto del lavoratore (ad esempio, a ricevere lo stipendio, a lavorare in un ambiente sicuro, a non subire demansionamenti) deriva da norme di legge e da contratti collettivi che sono inderogabili. L’articolo 2113 del Codice Civile stabilisce che le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto questi diritti sono invalide. Un lavoratore può rinunciare a un diritto solo dopo che tale diritto è già sorto (ad esempio, rinunciare a un bonus già maturato, non a tutti i bonus futuri) e solo in sedi protette (come davanti a un giudice, in sede sindacale, o presso l’Ispettorato del Lavoro). Una rinuncia “in bianco” per il futuro è legalmente nulla.
Violazione dei Princìpi della Pubblica Amministrazione (Art. 97 Cost.) Una Pubblica Amministrazione, come un Comune, deve agire secondo i princìpi di buon andamento e imparzialità (Art. 97 della Costituzione). Imporre una clausola di questo tipo, che comprime i diritti fondamentali dei dipendenti per evitare eventuali cause legali, è in palese contrasto con questi princìpi. La Corte di Cassazione si è già espressa in casi simili, stabilendo che la P.A. non può subordinare un diritto (come un rinnovo di contratto o il pagamento di spettanze) alla rinuncia ad altri diritti.











