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Sette indagati per il suicidio in cella del femminicida di Sara Campanella

- 09/08/2025
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La procura di Messina vuole accertare se ci siano responsabilità

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Ci sono sette indagati per la morte di Stefano Argentino, il ragazzo, reo confesso dell’omicidio della collega di Università Sara Campanella, che si è suicidato in carcere, a Messina, mercoledì mattina.

La procura della città dello stretto ha notificato sette avvisi di garanzia in vista dell’autopsia sul corpo del ragazzo.

Il 12 agosto il pm conferirà l’incarico al proprio consulente e gli indagati potranno nominare i propri tecnici che assisteranno agli esami autoptici, atti irripetibili.

La procura di Messina vuole accertare se ci siano responsabilità nella morte del ragazzo che aveva manifestato più volte la volontà di togliersi la vita e per questo era stato sottoposto ad un regime di sorveglianza particolare. Poi, 15 giorni prima della sua morte, era stato riammesso alla detenzione ordinaria, tanto che condivideva la cella con altri detenuti. Argentino si è impiccato in cella.

Chi sono gli indagati

I sette indagati dalla procura di Messina per il suicidio di Stefano Argentino sono la direttrice e la vice direttrice del carcere di Gazzi, l’addetto ai servizi trattamentali, lo psichiatra e gli psicologi che hanno avuto in cura il 27enne. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Annamaria Arena, vuole accertare eventuali responsabilità nel suicidio di Stefano che, mercoledì 6 agosto, si è impiccato in carcere. Il ventisettenne, che aveva manifestato più volte la volontà di togliersi la vita, era stato sottoposto fino a due settimane prima della sua morte a un regime di sorveglianza. Quindici giorni fa, poi, era stato trasferito in detenzione ordinaria.

Legale di Argentino: “Sette indagati è già presagio di plurime responsabilità”

“Sette indagati è già presagio di plurime responsabilità, probabilmente fra loro correlate” commenta l’avvocato Giuseppe Cultrera. “Al momento è troppo presto e si possono fare soltanto supposizioni – aggiunge – auspico soltanto che, almeno stavolta, le indagini siano approfondite e possano portare a risultati concreti. Stefano avrebbe dovuto essere rinchiuso in una Rems o in un istituto a custodia attenuata. Il suo stato mentale, venuto a galla anche dalle indagini degli inquirenti, non era compatibile con la custodia in carcere”.

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