

TAORMINA – Dovevano essere gli “Stati Generali” del sindaco Cateno De Luca, la celebrazione di un anno di amministrazione nel salotto buono di Taormina. Si sono trasformati in un semi monologo davanti a una Piazza IX Aprile desolatamente vuota, presenti, ovviamente in massa, i “suoi”, e con una diretta Facebook dai riscontri minimi che ha certificato la distanza, più che la vicinanza, tra il primo cittadino e la sua comunità.
La domanda, allora, sorge spontanea: perché i taorminesi hanno scelto di disertare in massa l’appuntamento? La risposta non va cercata nei grandi schemi politici, ma nella quotidianità di un’amministrazione che ha imposto tributi alle tariffe massime, ha varato un sistema di società partecipate sproporzionato per un borgo di diecimila anime e ha dichiarato una guerra aperta al commercio locale con obblighi percepiti come irrazionali. Tra questi, il più discusso: il conferimento dei rifiuti differenziati all’una e trenta di notte, un diktat che suona più come una punizione che come un servizio.
Ieri sera in piazza, a porre qualche timida e diretta domanda, c’erano solo due testate giornalistiche. L’amministrazione sostiene di aver invitato tutta la stampa. Eppure, alla nostra redazione non è mai pervenuto alcun invito. Un dettaglio che, unito alla platea assente, rafforza l’immagine di un evento più performativo che partecipato.

Ma la piazza vuota di Taormina è forse solo il sintomo di un malessere più profondo, quello di un leader che appare sempre più solo sullo scacchiere politico. L’asse con Palermo, garantito dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, vacilla sotto il peso di un probabile rinvio a giudizio che ne indebolisce l’influenza. Le velleità, mai sopite, di una scalata alla presidenza della Regione sembrano essersi smorzate. Nel frattempo Messina, la sua roccaforte, appare sempre più sfuggirgli di mano, con un consenso ai minimi storici che ne erode la base di potere.
Se il “modello De Luca” non convince più né a Taormina né a Messina, cosa resta? La domanda finale è ineludibile e pesa come un macigno sul suo futuro: se dovesse perdere Messina, sarebbe la sua fine politica? La risposta, forse, era già scritta ieri sera nel silenzio assordante di Piazza IX Aprile.
