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Duplice Omicidio del ’90: riaperto il cold case delle Acciaierie Megara, perquisizioni per il messinese Vinciullo

- CRONACA SICILIA
11/07/2025

Messina, 11 luglio 2025 – La Procura Generale di Catania ha riaperto le indagini sul duplice omicidio degli imprenditori Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio, brutalmente uccisi il 31 ottobre 1990 all’interno delle acciaierie Megara di Catania. Nell’ambito di questa nuova fase investigativa, è stata eseguita una perquisizione a carico del messinese Vincenzo Vinciullo, costruttore di 81 anni.

L’Omicidio

Il caso, rimasto irrisolto per decenni, riguarda l’esecuzione dei due imprenditori, avvenuta in circostanze ancora da chiarire. Le acciaierie Megara, poi divenute Acciaierie Siciliane, furono teatro di un agguato che all’epoca scosse profondamente l’opinione pubblica.

Il 31 ottobre 1990, le Acciaierie Megara di Catania furono teatro di un efferato duplice omicidio che scosse profondamente il mondo imprenditoriale siciliano e italiano. Le vittime erano Alessandro Rovetta, 33 anni, Amministratore Delegato dell’azienda, e Francesco Vecchio, 52 anni, Capo del Personale. Entrambi furono uccisi a colpi di mitra in un agguato che, fin da subito, venne ricondotto alla matrice mafiosa.

Chi Erano le Vittime

  • Alessandro Rovetta: Originario di Brescia, Rovetta era l’Amministratore Delegato delle Acciaierie Megara, una delle più grandi industrie siderurgiche della Sicilia, che all’epoca impiegava centinaia di dipendenti. Descritto come un uomo onesto e determinato, era conosciuto per il suo impegno nel contrastare le infiltrazioni mafiose nell’azienda. Aveva denunciato minacce e la sua villa era stata posta sotto sorveglianza. Dopo la sua morte, la famiglia Rovetta lasciò Catania e tornò in Lombardia.
  • Francesco Vecchio: Direttore del Personale delle Acciaierie Megara, era un uomo stimato e rispettato. Anche lui, insieme a Rovetta, si era opposto alle imposizioni della criminalità organizzata. Suo figlio, Salvo Vecchio, ha continuato negli anni a battersi per la verità e la giustizia riguardo all’omicidio del padre.

La Dinamica e il Contesto Mafia

L’agguato avvenne nella zona industriale di Catania, a poca distanza dalle Acciaierie Megara. La natura violenta dell’omicidio, con l’uso di mitra, indicò immediatamente la mano della criminalità organizzata. Le indagini si orientarono su due principali piste:

  1. Interesse della mafia ai finanziamenti regionali e al controllo dell’azienda: Le Acciaierie Megara, come grande realtà industriale, potevano essere un obiettivo strategico per la mafia interessata a mettere le mani su fondi o a esercitare un controllo sull’indotto.
  2. Mancato pagamento del pizzo: L’ipotesi più accreditata e che ha trovato nuovi riscontri con le recenti indagini è che Rovetta e Vecchio fossero stati uccisi per essersi rifiutati di cedere alle richieste di pizzo. Si parla di una somma ingente, circa un milione di euro, che i due imprenditori avrebbero dovuto versare come tangente alla criminalità.

Le Indagini e le Richieste di Archiviazione

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Nel corso degli anni, le indagini sul duplice omicidio hanno avuto un percorso tortuoso, caratterizzato da diverse archiviazioni e riaperture.

Già nel 2008, su impulso delle denunce dei familiari delle vittime (in particolare del figlio di Francesco Vecchio), il procedimento fu riaperto.

Nel 2016, il caso è stato nuovamente archiviato, ma la famiglia di Francesco Vecchio ha presentato ricorso in Cassazione, che ha accolto la richiesta, disponendo nuove indagini.

A gennaio 2024, la Procura Generale di Catania ha avocato a sé l’indagine, segnando un’ulteriore riapertura del caso. In questa fase sono stati coinvolti anche nomi di spicco della mafia catanese come Aldo Ercolano e Orazio Privitera.

Il Ruolo del Costruttore Messinese e le Nuove Piste

Il messinese Vincenzo Vinciullo, costruttore di 81 anni ed ex agente di commercio proprio per la Megara (oggi Acciaierie Siciliane), è ora al centro dell’attenzione degli inquirenti. La Procura Generale di Catania contesta che Vinciullo avrebbe avuto il ruolo di mediatore per il pagamento di quella ingente somma. Secondo l’ipotesi accusatoria, Vinciullo avrebbe “negoziato” tra i vertici della Megara, passata sotto il controllo della bresciana Alfa Acciai, e i vertici provinciali di Cosa Nostra di Palermo, Caltanissetta e Catania.

Secondo l’accusa, dopo il duplice omicidio, Amato Stabiumi ed Ettore Lonati di Alfa Acciai, società bresciana che dopo la morte di Rovetta deteneva le quote di maggioranza della Megara, avrebbero deciso di cedere alle pressioni della cosca, versando “un miliardo di lire in nero” (circa 516.456 euro). L’attività estorsiva, sempre secondo l’accusa, sarebbe poi “andata avanti per anni”.

Il nome di Vinciullo non è nuovo alle indagini antimafia. È infatti contenuto nell’informativa “Grande Oriente”, una vasta indagine, condotta prima dalla DIA e poi dal ROS, sulla famiglia di Cosa Nostra di Caltanissetta. Questa indagine si basava in parte sulle dichiarazioni dell’infiltrato Luigi Ilardo, successivamente ucciso dalla mafia a Catania, e sulla corrispondenza tramite “pizzini” tra il capomafia Bernardo Provenzano e Simone Castello.

Sul caso stanno lavorando in sinergia la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e la Polizia Giudiziaria della Procura di Catania, coordinate dai sostituti procuratori Nicolò Marino e Giovannella Scaminaci. La riapertura delle indagini e il coinvolgimento di Vinciullo potrebbero finalmente gettare nuova luce su uno dei più oscuri episodi di violenza legati alla criminalità organizzata nel panorama imprenditoriale siciliano.

Rovetta e vecchio
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