ORSA: Il Ponte è ancora una promessa ma i tagli al sistema ferroviario meridionale sono la realtà…
Ponte o no ponte? E’ lo storico dilemma che ad ogni rinnovo della promessa di attraverso stabile nello Stretto di Messina crea fazioni, contrapposizioni e disamine tecniche di opinionisti della domenica che si improvvisano esperti di ingegneria dei trasporti nei talk show televisivi e nella stampa locale e nazionale. Ogni volta che la politica lancia l’osso del ponte in campagna elettorale, si scatena il tifo da curva sud dei pro e dei contro e da parte dei pontisti sfegatati parte l’attacco al sistema ferroviario e al traghettamento nello Stretto, pervasi dall’insana idea che denigrando l’efficienza delle navi ferroviarie poi, per magia, arriva il ponte. Fiumi di inchiostro sprecati per segnalare la soppressione di un treno, la corsa non effettuata da un traghetto ferroviario o la mancata coincidenza dei mezzi veloci con i treni freccia in partenza da Villa S. Giovanni, una narrazione tattica tesa a dimostrare che l’inefficienza ferroviaria nel meridione d’Italia sarebbe figlia della mancata realizzazione del ponte nello Stretto di Messina ma la storia racconta che forse è l’esatto contrario. In realtà è proprio l’eterna promessa di un ponte mai realizzato che negli anni ha contribuito al disfacimento del sistema ferroviario meridionale. Fino ad oggi i Governi che hanno promesso il ponte si sono limitati a tagliare sovvenzioni alle strutture ferroviarie esistenti per dirottarle nella costruzione della futuristica struttura stabile mai realizzata, nonostante i corposi investimenti. Le risorse pubbliche sottratte all’ammodernamento di treni e navisono finiti in gran parte nelle casse della S.p.A. Stretto di Messina, milioni di euro spesi per mantenere affollati consigli di amministrazione, intere squadre di consulenti, esperti, consiglieri, segretari e portaborse che hanno lentamente assorbito un patrimonio per realizzare il nulla conclamato. Se il ponte ancora non esiste non è colpa di chi si oppone ma di chi lo ha promesso e non è stato in grado di costruirlo, con buona pace delle risorse pubbliche sperperate mentre in Sicilia si viaggia ancora a binario unico in convogli da terzo mondo, i treni a lunga percorrenza vetusti e drasticamente ridotti e l’attraversamento dello Stretto affidato a una flotta navale striminzita ove si annoverano unità costruite 40 anni or sono. Se il ponte sa da fare lo facciano ma senza costringere i siciliani al trasporto in carri bestiame per altri 10 anni. In attesa della campata unica, se mai si farà, c’è l’immediata necessità di ammodernare le infrastrutture esistenti, del raddoppio del binario siciliano, dell’aumento e l’ammodernamento dei treni a lunga percorrenza, di moderne navi a 4 binari per diminuire i tempi di attraversamento, di sottrarre i mezzi veloci alla logica del libero mercato e inserirli a pieno titolo nel trasporto ferroviario per le coincidenze con i treni freccia che partono dalla Calabria. Stigmatizzare l’inefficienza del sistema ferroviario per sponsorizzare il Ponte è un atto di stupido masochismo, con le risorse che attualmente lo Stato destina alle ferrovie meridionali non si può sperare di superare il fenomeno dell’Italia a due velocità e non sarà un ponte costruito su una Sicilia a binario unico a risolvere il problema. Se per ottenere l’ammodernamento del trasporto ferroviario meridionale bisogna attendere la costruzione di un ponte promesso cent’anni fa e mai realizzato, resteremo altri cent’anni nel ghetto dei trasporti. Bisogna superare le effimere contrapposizioni e pretendere pari dignità col le infrastrutture del nord a prescindere dal ponte. Accettare passivamente l’impoverimento del sistema ferroviario affidandosi alla speranza dell’attraversamento stabile, equivale a rinunciare all’uovo oggi senza ottenere la gallina domani.